IL SANTUARIO DEL SORBO

Usciti da Campagnano, attraversando la campagna e godendo del bellissimo panorama naturale, si entra nell’area del Parco di Veio, precisamente nella Valle del Sorbo. Arroccato su uno sperone roccioso, a quota 222 mt., dove l’erosione millenaria del fiume Cremera ha creato suggestive gole con fitta vegetazione ripariale, rendendo il luogo naturalmente ben difeso, si rivela il complesso di edifici del Santuario della Madonna del Sorbo.

LA STORIA

Le informazioni sull’origine del Santuario sono incerte: le prime notizie sono riportate in un diploma di Ottone III del 996 diretto al Monastero di S. Alessio, dove si parla del “Castellum Quod dicitur Sorbi”; e ancora in una istanza rivolta a Innocenzo III dai monaci di S. Paolo per il recupero di vari castelli e tra questi quello del Sorbo; in ultimo lo troviamo citato in una lettera di Onorio III rivolta al monastero di S. Alessio.

Il Santuario del Sorbo è costituito oltre che dalla chiesa, da alcuni edifici databili al XVII-XVIII sec., disposti su diversi livelli. Originariamente vi si accedeva attraverso una scalinata e raggiungendo una piazzetta posta al secondo livello. Poi, attraverso una stradina che sale fino ad una seconda piazzetta posta al terzo livello, si arrivava al punto più alto del complesso, dove è stata edificata la chiesa. Il completo abbandono in cui cadde il vecchio convento dei Frati di Carmelo dopo il 1872 provocò la totale rovina del complesso, che dal 2002 è stato sottoposto ad imponenti restauri. Gli edifici mostrano tracce di trasformazioni dell’impianto architettonico originale avvenute nel tempo.

La chiesa, che prospetta sulla piazzetta più elevata, presenta un portale, evidenziato da una semplice cornice in peperino, con scolpita sull’architrave una data: “A.D. 1487”, presumibilmente l’anno in cui la chiesa medievale originaria fu ampliata e aperta al culto dai Carmelitani. L’interno ampio, poco profondo e simmetrico, ha tre navate con dieci colonne sulle quali si impostano archi a tutto sesto, costruite con blocchi di tufo. Il pavimento è formato da lastre di pietra, il soffitto della navata centrale è ligneo a capriate, mentre i soffitti delle altre due navate sono coperti con volte a crociera. Sul fondo della navata centrale si apre un’abside, con altare centrale. Il catino absidale del presbiterio è completamente affrescato con una pregevole “Assunzione della Vergine” della fine del XV secolo.

INTERVENTI DI RESTAURO E CONSERVAZIONE

Il Santuario ha subito importanti interventi di restauro e conservazione anche per il recupero dei ruderi nella zona conventuale e per il completamento della chiesa e degli ambienti adiacenti. per preservare il suo patrimonio culturale, in particolare rispetto agli ambienti che si articolavano intorno al corpo basilicale destinati originariamente all’ex convento.

Questi spazi sono distribuiti approssimativamente secondo uno schema a V che abbraccia la chiesa lungo i lati settentrionale e orientale, a cingere e nascondere anche il corpo circolare dell’abside, per arrestarsi così sul perimetro del crinale roccioso. L’insediamento è stato da un lento declino dalla fine del Settecento per il trasferimento della comunità monastica a Roma, e poi è rimasto in uno stato di completo abbandono nel secondo dopoguerra. Solo dopo i drammatici crolli del 1963 nella chiesa e le illecite spoliazioni seguirono i primi interventi conservativi. Dal 1966 l’azione di tutela ha invertito la rotta della storia del Santuario con il recupero di quanto era ancora possibile, e la riscoperta, tra l’altro, dei significativi lacerti di affreschi nel convento.

I Fondi regionali dell’Accordo di programma quadro “Aree sensibili: parchi e riserve” APQ7 hanno finanziato l’intervento di restauro su questi spazi che sebbene completamente crollati, rendevano comunque ancora identificabile il sistema a scansione delle cellette del convento, affacciate verso il paesaggio e servite dal lungo corridoio con soffitto a volta ribassata. Gli interventi di restauro di questa parte conventuale ne hanno rispettato le forme originarie ed il ruolo, che affiancava allo svolgimento delle attività religiose quelle dello studio, nel pieno rispetto del divenire storico del complesso. All’inizio dell’opera di restauro, in fondo al corridoio era ancora conservata parte della struttura delle scale di accesso ai piani superiori ed una sala più ampia che ospitava il refettorio, dotato di doppio ingresso affacciato su un piccolo androne rettangolare, stretto e allungato.

Il programma quadro regionale ha previsto anche il restauro artistico, con interventi di riparazione dei muri crollati e il restauro degli affreschi interni.

In questo periodo si sono conclusi ulteriori lavori di ristrutturazione e messa in sicurezza, seguiti dall’installazione di arredi e allestimenti. Con l’obiettivo di ampliare le strutture di accoglienza per i pellegrini e i viaggiatori lungo l’antica Via Francigena, l’intervento è stato pianificato per preservare l’autenticità e il carattere storico dell’edificio, garantendo al contempo miglioramenti significativi per assicurare un’accoglienza confortevole e un’esperienza memorabile a tutti i visitatori dell’ostello.

IL SANTUARIO DELLA MADONNA DEL SORBO: STORIA,
ARCHEOLOGIA E TRADIZIONI NEL CUORE DEL PARCO DI VEIO

IL SANTUARIO DEL SORBO

La storia del complesso del Sorbo, 20 Km a N di Roma, in occasione degli scavi archeologici, luglio 2019,
preventivi al posizionamento dell’opera ‘Connessione’ di Goldshmidt e Chiari. Il Santuario, a lungo conteso tra le comunità di Campagnano e Formello, é il cuore devozionale delle comunità del Parco di Veio, e luogo di sosta importante per i pellegrini della Via Francigena, eletto Porta Santa in occasione del Giubileo della Misericordia del 2016

LA LEGGENDA DEL SORBO

Era forse il 1402 quando un giovane pastore di porci, senza una mano, venne scelto dalla Madonna come
Messaggero del suo Amore per le genti di Formello, Campagnano, Cesano e Sacrofano. Il tramite fu una scrofa bianca, che come in altre leggende simili condusse il giovane al cospetto della divinità, che attraverso il Miracolo della restituzione della mano rese manifesto il suo impegno per le genti veientane. Tra il 1425 e il 1487 venne
eretto il Santuario, e infine decorato forse da Pier Matteo d’Amelia, che fissò la leggenda anche negli affreschi dell’abside. È la storia del fulcro della devozione locale, che tra alterne vicende riconduce ai più fragili l’Amore
più grande.